Marcuse e Benjamin: la denuncia delle contraddizioni del presente

Marcuse:



Herbert Marcuse, un importante esponente della Scuola di Francoforte, ha espresso posizioni teoriche contro la manipolazione e l'integrazione sociale "forzata" dell'individuo. Nella sua opera principale, "Eros e civiltà" (1955), Marcuse sostiene che la civiltà si è sviluppata attraverso la frustrazione delle passioni e degli istinti umani. Tuttavia, nella società capitalistica contemporanea, questa repressione è diventata eccessiva, causata dal sistema economico stesso.

Marcuse critica il fatto che la società moderna, basata sul lavoro e sull'exploitazione, ha ridotto l'essere umano a un semplice strumento di produzione, negando la possibilità di godere del piacere e del godimento con gli altri. Questo ha portato alla riduzione della sessualità a un mero atto procreativo e utilitaristico, privo di componenti creativi e liberatori.

Per Marcuse, l'individuo represso ha accettato questa condizione come normale, subendo un'auto-repressione imposta dalla società stessa. Egli identifica tre vie di salvezza da questa condizione. La prima è l'arte, che esprime il desiderio umano di emancipazione attraverso una creatività non alienata. L'arte alimenta l'utopia e la speranza di ribellarsi alla logica del lavoro e della fatica.

La seconda via è l'eros, inteso come energia libidica originaria e non ancora repressa dalle norme sociali. Marcuse critica la riduzione della sessualità a mera gratificazione materiale, sottolineando l'importanza dell'eros autentico come forza dirompente e sovversiva che può contrastare l'omologazione dominante.

Infine, Marcuse propone che i soggetti rivoluzionari possano essere individuati tra gli emarginati della società opulenta. Questi soggetti, come i reietti, gli stranieri, gli sfruttati di altre razze e colori, i disoccupati e gli inabili, non si sono integrati nel sistema capitalistico. Marcuse sostiene che il loro status di emarginati li rende oggettivamente sovversivi, anche se potrebbero non esserne ancora consapevoli. Egli ritiene che sia necessario far loro prendere coscienza di questa forza innovatrice estranea alle logiche del potere, affinché possano un giorno abbattere il sistema.

In conclusione, Marcuse propone l'arte, l'eros e l'emancipazione degli esclusi come possibili vie di salvezza dalla repressione e dalla manipolazione sociale. Attraverso l'utopia, Marcuse promuove un futuro migliore in cui l'individuo possa liberarsi dalla logica del lavoro e dell'omologazione dominante.






Benjamin:





Walter Benjamin (1892-1940), filosofo e saggista berlinese di famiglia ebrea, si avvicina alle posizioni della Scuola di Francoforte, anche se non ne fa mai parte organicamente. Egli interpreta la filosofia come una critica della società soffocante e alienante del capitalismo e respinge l'idea di una ricerca sistematica e totalizzante della verità. Per Benjamin, la filosofia deve essere soprattutto una denuncia delle contraddizioni del presente e una rivelazione del bisogno di felicità ed emancipazione dell'uomo. Si oppone alle dottrine consolatorie o riformiste che cercano compromessi e soluzioni graduali e indolori per affrontare l'oppressione.

Benjamin presenta una visione tragica dell'esistenza, segnata dalla tensione tra le forze positive che lottano per la totale liberazione degli oppressi e il potere negativo del totalitarismo culturale e politico contemporaneo, che nega l'autonomia individuale. L'unica speranza, secondo Benjamin, risiede in una possibile "rottura" nella storia, un momento rivoluzionario capace di spezzare la continuità temporale. Tuttavia, questo evento non ha garanzie né necessità, a differenza del comunismo teorizzato da Marx. La possibilità di salvezza non si trova davanti all'umanità come un risultato inevitabile di un processo storico teleologico, ma risiede in un passato fatto di "rovine su rovine". La consapevolezza di questo passato è così drammatica da stimolare il desiderio di un futuro migliore in coloro che si voltano a guardarlo. Benjamin unisce l'imperativo marxista di sovvertire la realtà con il sentimento messianico e utopico proprio dell'ebraismo, che aspetta la venuta di un messia o salvatore. Questo sentimento rifiuta l'idea che il cambiamento sia inevitabile e invece afferma la prospettiva della speranza e della fede in un evento redentore.

Secondo Benjamin, l'uomo ha il compito di guardare al passato, causa dell'angoscia presente, e alimentare l'aspettativa del suo superamento, della realizzazione della pace e della giustizia, che si trovano solo in un evento estremo e catastrofico capace di spegnere la scintilla prima che la dinamite esploda. L'aspetto tragico di questo pensiero risiede nell'imprevedibilità e soggettività del percorso verso la salvezza, che caratterizza anche l'esistenza stessa del filosofo, costantemente minacciata e infine travolta dalla persecuzione nazista.

Benjamin è un autore poliedrico che ha dedicato diversi studi al fenomeno artistico, convinto, come Adorno, del suo valore critico nei confronti della realtà. Il suo saggio più noto e fondamentale per l'estetica del Novecento è "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica" (1936). In esso, Benjamin demistifica il prodotto artistico, considerando il suo doppio valore: l'"aura" di grandezza ad esso associata e il suo valore commerciale. In un'epoca in cui l'opera d'arte non è riproducibile, essendo unica ed irriproducibile nella sua forma originale creata dall'artista, è circondata da un'aura di sacralità che la distingue dalle masse e la trasforma in un bene economico di grande valore. L'avvento della tecnologia, consentendo la riproduzione meccanica delle opere d'arte attraverso tecniche come la fotografia, il video e la registrazione, serve positivamente l'arte. Permette alle masse di accedervi e, cosa ancora più importante, conferisce a tutti la possibilità di diventare sia spettatori che autori, poiché chiunque può possedere un registratore o una fotocamera. In una società di massa in cui le opere d'arte sono riproducibili, l'opera d'arte può essere introdotta in contesti che prima non avrebbe mai incontrato ed è permesso che "incontri l'osservatore".

Questa teoria non deve essere fraintesa come una difesa entusiasta della modernità e del progresso. Benjamin cerca di sottolineare la trascendenza di una concezione borghese e classista dell'arte, che considera l'arte come esclusiva ed elitaria. Con la riproduzione meccanica, capolavori che erano precedentemente inaccessibili al grande pubblico diventano disponibili. Benjamin critica acutamente i limiti delle visioni umanistiche tradizionali e anticipa le enormi possibilità della tecnologia nel campo artistico. Il suo enfasi sull'accessibilità dell'arte da parte di tutti significa un nuovo modo di guardare le questioni estetiche, enfatizzando il momento della ricezione come costitutivo dell'esistenza dell'opera d'arte.



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