Bergson e l' essenza del tempo

Henri Bergson, filosofo francese, si distinse per la sua critica alla visione positivista della scienza, che considerava limitata e incapace di cogliere l'essenza del reale. In particolare, Bergson evidenziò come

la scienza non riuscisse a comprendere il concetto di tempo in quanto lo riduceva a una successione

di istanti omogenei e misurabili, privo della durata che invece ne definisce l'essenza. L'autore propose

di invertire la rotta, riaffermando la dignità della filosofia e riconoscendo la presenza di un'intelligenza

intuitiva capace di cogliere la dinamica del reale. Solo così si potrebbe comprendere la singolarità dei

fenomeni della storia e dell'esistenza. In definitiva, Bergson invitò a superare la visione meccanicistica

del tempo e a considerarlo come un'esperienza vissuta, in cui il passato e il presente si fondono in

un'unica realtà in continua trasformazione.



Bergson sostiene che esistono due tipi di tempo: il tempo della scienza e il tempo della coscienza. Il primo è quello utilizzato dalla scienza, che si basa sulla misurazione degli istanti separati tra loro e si preoccupa di determinare la durata degli eventi. Il secondo, invece, è il tempo dell'interiorità della vita vissuta, che si presenta come un flusso continuo di stati di coscienza in cui passato, presente e futuro si fondono e si compenetrano. Il tempo della coscienza è un tempo interiore, che presenta varie caratteristiche: è il tempo della durata, della vita e della qualità, e non è misurabile come il tempo della scienza. In esso tutte le modalità di misurazione perdono significato e l'ora, il giorno e l'anno non hanno più valore.


In "Materia e Memoria", Bergson definisce la coscienza come la memoria, ma in un senso più ampio. La memoria si divide in tre aspetti: il ricordo puro o memoria vera e propria, il ricordo-immagine e la percezione. Il ricordo puro è la conservazione integrale dell'esperienza vissuta, che rappresenta il nostro passato intero che ci accompagna sempre. Il ricordo-immagine è la materializzazione del passato che si presenta in parte in modo attuale. La percezione seleziona i dati più utili ai fini della vita concreta, legandoci al mondo esterno. Il corpo ha la funzione di limitare la vita dello spirito per concentrarsi sull'azione. La memoria e la percezione corrispondono ai due estremi dello spirito e del corpo. Una percezione isolata può far emergere il ricordo profondo, che costituisce lo sfondo della vita della coscienza. Bergson supera la dicotomia tra interiorità ed esteriorità del tempo e tra mondo dello spirito e mondo fisico, poiché essi sono i poli opposti della vita della coscienza.


Il libro di Bergson "L'evoluzione creatrice" del 1907 esplora l'idea della continuità tra la vita biologica e quella della coscienza, in cui entrambe sono pervase da un'unica forza vitale chiamata "elan vital". Questo slancio vitale è un'energia creativa e imprevedibile che origina la vita e si espande nell'universo, irradiandosi in ogni direzione con un'intensità variabile che spiega la differenziazione degli esseri e delle specie. L'unità del processo evolutivo non implica un disegno precostituito ma la vita è creatività libera e imprevedibile. L'evoluzione non implica alcuna realtà data o precostituita ma soltanto una «realtà in movimento» che si manifesta e si genera da se stessa, espandendosi e modificandosi di continuo, il che permette di superare il dualismo tradizionale tra materia e spirito. La realtà è sempre unica, sia che si consideri dal punto di vista dello slancio vitale, sia che si considerino i singoli risultati del suo processo di sviluppo: all'origine vi è l'energia vitale che, spirituale nella sua essenza, nel momento in cui esaurisce la propria forza tende a manifestarsi come materia. In questo senso, l'evoluzione è "creatrice" perché è soggetto e oggetto di se stessa e si dà la propria materia.


Bergson sostiene che esistono due tipi di conoscenza: l'analitica, che ricostruisce la realtà attraverso la suddivisione degli elementi in parti separate, e l'intuitiva, che ci permette di comprendere la realtà nella sua totalità. La conoscenza analitica è utile per l'azione, ma è limitata e parziale, poiché non riesce a cogliere la realtà nella sua essenza. La conoscenza intuitiva, invece, ci permette di vivere totalmente la realtà e di coglierla nella sua unità, attraverso un atto di identificazione simpatetica. Questa forma di conoscenza è difficile da raggiungere, poiché richiede un nuovo atteggiamento mentale e la rinuncia a concetti e parole. La scienza è importante, ma non può estendersi oltre il suo ambito legittimo. La metafisica è una scienza assoluta del reale, ma è stata criticata in passato perché affrontata con l'intelligenza, che non è in grado di coglierla. Bergson si avvicina alla metafisica attraverso l'intuizione e l'arte, che considera modelli conoscitivi e forme espressive privilegiate.


In "Le due fonti della morale e della religione", Bergson propone due tipi di organizzazione sociale: la società chiusa e la società aperta. La prima è autoritaria, conservatrice e incentrata sulla coesione sociale, mentre la seconda promuove la libertà e la creatività degli individui e mira al progresso sociale. Corrispondono a queste due forme di morale due atteggiamenti religiosi: la religione statica e la religione dinamica. La prima si serve dei miti e delle superstizioni per proteggere l'uomo dalle paure, la seconda consiste nella partecipazione all'amore e allo slancio creatore della vita e in ultima istanza nell'unificazione con Dio. Bergson vede nella mistica l'unico rimedio ai mali morali e sociali, e auspica che ci siano sempre più individui aperti all'esperienza mistica dell'amore per portare una trasformazione radicale dell'umanità.



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